martedì 4 novembre 2014

Il vissuto in psico-oncologia:l' ideale e il reale!

UN RICORDO PER SEMPRE


... ho bisogno di liberarmi di questo “fardello”...
.... ho bisogno, forse, di sentirmi utile per qualcuno...
Ecco perché ho deciso di scrivere! Potrebbe servire ad altri, che hanno vissuto o vivono la mia stessa dolorosa esperienza, come conforto!

Per fortuna riesco a non chiudermi in me stessa e ad essere forte.. a pensare che questa mia tragica esperienza possa essere di aiuto a qualcuno, così come io mi sento consolata e, in qualche modo, incoraggiata quando leggo di esperienze simili.

Tutto ebbe inizio nell'estate 2010. Eva si trova al mare. Infervorita dai preparativi per l'arrivo dei suoi figli, che avevano trascorso con i nonni un'intera settimana da soli.
Ricorda la gioia e il dolore, all'improvviso!
Un dolore forte; pungente.. persistente alla “sua” bocca. Lingua e gengiva doloranti.
Da quel momento tutta la “sua” vita è cambiata: controlli medici continui; incertezza; incredulità e l'ostinazione di voler credere ad una cosa banale. Fingere che tutto fosse normale, ma poi arrendersi e tornare a casa. Lontana dalla quiete e dalla serenità. Familiarizzare, immancabilmente, con la realtà sempre più cruda e sconvolgente.
Nel ricordo, rivivo la corsa frenetica a cercare soluzioni... angoscia, presentimenti e... purtroppo, nulla di infondato!
Nove mesi di agonia: chemio e radio. Le forze che, pian piano crollano... ma non quelle dell'anima!
Terapie, comunque, non efficaci. Si necessita di un intervento demolitivo, che mi ha strappato via lo sguardo e la parola”!
Nonostante tutto, dopo l'intervento, si riprese adeguatamente. Iniziò l'attesa snervante dell'esito delle analisi e... che fare? “Attrezzarsi” ed affrontare tutto ciò che ci aspettava.
Tutti coinvolti, anche se era lei a dover affrontare il nuovo calvario del percorso terapeutico/riabilitativo.
Lo smarrimento, l'incertezza del cosa fare. L'ansia per l'esito dell'operazione; lo struggimento e la pena per il dolore. Ritrovarsi ad affrontare ancora altre difficoltà. Il dopo... come riuscire a vivere come prima? “Non sono più la stessa. Non potrò più fare il mio lavoro... ma penso di avere avuto, comunque, il coraggio e vorrei poter trovare, ancora, tanta forza in me... non tanto per me, ma per i miei figli, perché loro sì che sono la mia vita!
Ha mostrato un coraggio ed una forza straordinari, fino all'ultimo! Grazie a quello straordinario coraggio e forza di volontà non si arrese mai e posso solo immaginare quanto le sia costato.
Non è giusto che io sia qui, nella mia casa, fuori l'odore straordinario della primavera, a permettermi il lusso di rimuginare sulla mia sofferenza e nulla più”.
Mai ha mostrato cedimenti, almeno evidenti, con gli altri. Preferiva evitare di lasciarsi andare, anche se un giorno mi ha detto: “sai che difficilmente piango? É difficile che io esterni le emozioni... sì sono dura, ma sensibile, direi”! Un modo per non cedere alla disperazione e nello stesso tempo per proteggere gli altri dalla pena.
Tutti abbiamo avuto una linea comune: cercare di coinvolgerla il più possibile in una vita normale.
Cercavamo di fare del nostro meglio: le stavamo vicino. Le parlavamo continuamente, ma il tormento più grande era il non sentirsi all'altezza, la sensazione frustrante di non riuscire a trovare le parole giuste al momento giusto. Ricorrevo ai messaggi scritti, alle lettere, cercando di chiarificarle che “scrivere è terapeutico: permette di esprimere facilmente le proprie emozioni, anche quando è difficile”!
Sono caparbia, però, e la voglia di essere ottimista non mi manca. Ci sono momenti in cui, a volte, mi aggiro smarrita per le stanze, gridando il mio dolore, altri di dignitosa compostezza e momenti di dignità raziocinante.
La consapevolezza di condividere la pena di molti non mi consolava più di tanto, ma mi dava forza.
Certo... sono stanca; stanca e vuota... e pensare di condividere la pena di molti non è poi una gran consolazione, al massimo posso pensare che come ce l'hanno fatta gli altri, ce la posso fare anch'io, perché non ho mai visto in effetti nessuno così totalmente disperato da rinunciare del tutto a vivere anche dopo un grande dolore, anche vivendo quotidianamente in un'ansia e una preoccupazione lacerante, come sembra debba essere il nostro futuro”.
Col passare del tempo, quanto più diventava evidente la gravità della situazione, tanto più cercava di armarsi di coraggio, per riuscire ad affrontare con presunzione, senza troppa difficoltà il momento degli adii e il dopo.
Quanto poi era preparata, lo vidi alla fine. Quel giorno, quel grigio mattino di fine aprile 2011, pareva adatto a dirle addio... e non posso più sentirla da allora senza provare una stretta al cuore.
Nell'immediato mi aggrappavo al pensiero delle persone care a cui dovevo in qualche modo dare conforto. La consolazione era che lei se ne era andata con dignità... era quasi la sua ossessione... in un ambiente bello, circondata da persone care.
Non è stato semplice affrontare, davvero, il dopo... dolore e disperazione, laceranti!
C'è la serenità con cui riesco a pensare a lei che, spesso, lascia il posto, all'improvviso, ad una sensazione di vuoto e perdita irreparabile: il dolore della mancanza, sofferta, dai suoi bambini.
Ricordo le sue parole: “non ci si rassegna, ci si abitua. Si cerca di continuare a vivere una vita normale, anche lieta, ma non è facile. A volte diventa una ricerca, anche febbrile, di distrazioni, interessi, a volta un'apatia che sfocia nella depressione”!
Credo, comunque, che si debba accettare questo alternarsi di momenti sereni e disperati. L'errore più grande è chiudersi in se stessi; bisogna avere il coraggio di chiedere aiuto, di aprirsi agli altri con umiltà, senza avere timore di mostrare la propria debolezza.
E poi, non bisogna dimenticare gli altri... ci può sempre essere qualcuno che ha bisogno di noi, qualcuno a cui tendere la mano e nel momento in cui si condivide la pena e si porta conforto ci si sente più forti, utili e migliori... perché è questo che avrebbe desiderato lei... alle soglie dei suoi soli 38 anni!


Dr.ssa Antonietta Albano

Psicologa e Pedagogista
Formazione in Sessuologia Clinica - Perfezionamento in Psicologia Giuridica.

 
ILLUSIONE D’ AMORE


In primo luogo l'umanità comprendeva tre sessi, non due come ora, maschio e femmina, ma se ne aggiungeva un terzo, partecipe di entrambi e di cui ora è rimasto il nome, mentre la cosa si è perduta. Era allora l'androgino, un sesso a sé, la cui forma e nome partecipavano del maschio e della femmina...”!
Il “mito dell'androgino” (Platone- Convivio)

Gli androgini come gruppo nella loro totalità, racconta Platone, “possedevano forza e vigore terribili, e straordinaria superbia ”; per questo motivo attentavano al potere degli dei. Questi ultimi non desiderando ucciderli o cancellarli dalla terra così come avevano fatto per i giganti, li tagliarono in due, così che essi, restando desiderosi di ritrovare la loro metà, si cercavano e una volta ritrovati si “avviticchiavano” nella brama di fondersi insieme. Ciò per altro fu loro possibile soltanto quando Giove “traspose i loro genitali sul davanti”, permettendo così la riunione e la fecondazione. Questo perché l'amore reciproco di due esseri diversi avrebbe rifatto di due una creatura sola, in quel modo ricreando l'androgino, l'essere unico in grado di mettere al mondo figli del tutto simili a sé.

«Amare vuol dire cercare inconsciamente quel che ci è mancato e ritrovare, spesso, inconsciamente quel che abbiamo già conosciuto»
(Olivier C., 1980)

Il desiderio di un compagno “privilegiato” sussiste lungo l'intero arco della vita umana e il motivo per cui si compie una determinata scelta non sempre è chiaro nemmeno a noi stessi, sicuramente per ognuno di noi ha una notevole risonanza emotiva.. I miti, ad es., possono diventare espedienti consapevoli che permettono a ciascuno di saldare quanto conserviamo nella nostra memoria della specie (gli archetipi) con il nostro vissuto personale inserito nella realtà attuale (Baldaro Verde J., 1992).
Il significato dell'altro come propria metà è legato ad un riconoscimento che chiamiamo “innamoramento” e l'emozione che si prova quando un altro, improvvisamente, si identifica con l'immagine archetipica della propria metà perduta è legata, anche ad un'altra componente della personalità umana: la sessualità.

... Uno splendido bagliore al tramontare del sole, una brezza marina che mi avvolge i sensi e il mio pensiero è a lui...
... Giovanni, 54 anni, bello, elegante ed intelligente. Entra nel mio studio con passo esitante...
dr. ssa... non è semplice per me! Mi imbarazza da morire... e poi lei è una donna, una giovane e bella donna.. ma il dr. X mi ha consigliato un colloquio con lei. Vai, è brava ed ha una capacità estrema di ascoltare le persone! Ecco, sono qui... con le mie paure e le mie vergogne”!!
La “vergogna” principale di Giovanni è simbolicamente rappresentata da quella importante componente della personalità umana che non gli permette più di “gioire” del piacere fisico e, nemmeno, di quello mentale con la propria metà.
Non mi sento più UOMO”... “Un dolore immenso mi attanaglia! La vita per me non ha più senso. Che senso dovrebbe avere se non mi riconosco più nella mia identità maschile?Non potrò più avere una donna al mio fianco! Sì.. ti abbiamo salvato la vita, mi ha detto il dr... ma a cosa è servito? Era meglio morire, che ritrovarmi “conciato” in questo modo”!
Dr. ssa, mi aiuti!!! Lei, che può!
Ricordo ancora quando scorsi il suo viso in reparto, mentre faceva il giro con i medici, mi chiesi.. come è giovane... !? Poi il mio compagno di letto mi disse: è la psicologa! “Mio cognato è stato seguito da lei, dopo l'intervento alla prostata e continua tuttora ad andare a trovarla: parlare con lei è una liberazione, dice! Sai è anche sessuologa ed è questo molto importante per noi.. visto che... insomma, sai no... Magari ci aiuta a capire come comportarci in certe situazioni!”.
Io non ero affatto sicuro di voler farmi seguire da uno psicologo: “sono giovane e forte... non ne ho per niente bisogno...” e poi...
Lei mi si avvicina e mi sorride, in quella corsia diventata fredda e cupa per l'imbarazzo, mi illumina il cuore e decido così di chiedere consiglio al mio dr...
Il suo sorriso mi ha dato speranza!
Oggi sono qui, perché desidero capire, assieme a lei, perché la mia sessualità, la mia libido non primeggiano come un tempo... so che è anche un problema di testa, non solo organico!!
Mi sono documentato tanto e diversi colleghi (andrologi ed oncologi) mi hanno confermato che non sono in pericolo di vita e che mi devo godere la vita per quello che mi ha riservato, anche se non sarò più sessualmente “adeguato” come prima... eh.. facile a dirsi.. ma come si può???
Mai avrei pensato che potesse capitare a me... e così giovane? No!!!!!!!!!!
Non voglio arrendermi e men che meno voglio impazzire di dolore... ma come faccio?
Una cosa ho capito, che da solo non ce la posso fare! Adesso ci penso e.. sì, ne parlo con la dr. ssa!
Ah... dr. ssa cara, a volte penso al suo “mestiere”, ma non è stressante ascoltare continuamente pazienti che si lamentano? Pazienti che si disperano? Pazienti insofferenti che la tampinano telefonicamente?? Davvero, ammirevole!! ...oh, mi raccomando... non si lasci travolgere dalle “paturnie” altrui!
La voglio raggiante come sempre! E poi volevo confessarle che... bhè... non so come dirglielo, insomma... ho deciso che da questo momento in poi i miei passi saranno accanto ai suoi!!
O Giovanni, ricordo ancora, come fosse oggi, i suoi grandi occhi blu. Occhi che rispecchiavano il suo dolore, la sua angoscia e la sua emozione più grande: ritornare a vivere!
Il compito più difficile è stato quello di riappropriarci dei nostri bisogni più ancestrali: lo sguardo, la carezza e... la riscoperta di un sentimento! Un sentimento di amore e di affetto non totalmente avulso da una sessualità penetrativa, ma simbolicamente coinvolgente e soddisfacente!
Difficile, sì... ma è stato costruttivo! Doloroso, ma anche emozionante...
... vederla arrivare nel mio studio e, senza che le sue parole mi facessero comprendere, i miei occhi hanno scorto nei suoi quella magia, che si sprigiona quando siamo in grado di soddisfare un nostro bisogno primario...

Dr. ssa... ieri per la prima volta ho avuto la forza di raccontare la mia esperienza e il mio vissuto alla donna di cui sono innamorato. Quello che mi ha accompagnato e protetto è stata la percezione di serenità di non temere giudizi e di dare fiducia all'altro. Non avevo la sicurezza di riuscire a ritrovare la mia dolce metà, ma la forza che lei mi ha dato, il sostegno e la speranza mi hanno fatto da padrone e, così, sono riuscito a parlarle di Amore attraverso il corpo.
L'ho guardata intensamente. L'ho accarezzata con dolcezza. L'ho desiderata con passione, ma senza aspettative... ed è così, che la nostra fusione è stata resa possibile dal nostro spirito di
ILLUSIONE D'AMORE”!



Dr. ssa Antonietta Albano

Psicoterapeuta e Sessuologa


Nessun commento:

Posta un commento